L’onnipotenza.

L’onnipotenza.

La pornografia dei fiori recisi. Forzare, strappare, per appagare gli occhi, le mani, per impossessarsi di un odore. Non c’è niente di romantico, niente di delicato. Solo un taglio netto, l’abbandono della linfa, un buco nella corolla che risucchia il dolore. Dare da bere da un ventre di vetro, sostituirsi alla terra. Terribile, superfluo, per questo estasiante. Perché imita l’onnipotenza. L’estremo senso del possesso dilatato fino al marcio, alla morte, fino ad un secchio della spazzatura.

Ph. Linnnn

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