Lockdown.

Lockdown.

50 e più notti così diverse da tutte le notti della mia vita. Guardo fuori dalla finestra, la città addormentata di un sonno incrinato, come quello di chi veglia un malato. E sull’asfalto seguo con gli occhi un filo argentato, che percorre i 181 chilometri che mi separano dal cuore di mia madre. Un filo che un po’ mi strozza, un po’ mi dondola, un po’ mi cuce sorrisi. “Stiamo bene”. Sono pochi giorni. “Noi stiamo bene”. La mancanza è un lusso che devo proteggere, arrotolandola intorno ai polsi per farli più forti. Filo su filo. Argento vivo. Aspetto.

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