Ecco.

Ecco.


È quando la sostanza mi uccide, mi fa sparire, che sento il bisogno di apparire, scoperta, esposta. Un trucco di magia al contrario, che mette dove ha tolto, che sorprende per il ritorno. Mi rompo in mille pezzi, ci metto secoli a ricompormi, e poi mostro il lavoro finito, dico: ecco. Semplicemente.

Per ripagare il mio sforzo.

E anche se manca tutta quella parte a forma di te, che va dagli occhi all’anima, passando dalla gola, anche se l’incastro vacilla, qualcosa dentro regge, salda, salva.

Io sono l’ottimo lavoro che ho fatto per mantenermi intera, viva. Sono la mia opera d’arte incompresa, scadente, insostenibile, che metto in vendita agli occhi di chi compra col debito il mio debito. E siamo ricchi, tutti, del saperci vedere. Siamo i migliori contrabbandieri dei più miseri dei piaceri.

Ph. Maren Celest

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