Bambole.

Bambole.

Forse è vero che i ricordi si incastrano negli occhi. E rendono difficile la vista, e spaccano in due lo scenario, ti fanno vedere doppio come bere botti di vino, oppure vedi niente che non è nero ma è niente. Io ricordo quello che sentiva la mia barbie quando la lasciavo cadere nel mare. Sento quello che sentiva lei. Il suono dell’acqua che si chiude come un ventaglio nelle orecchie. Quello sento. E le lacrime che ha pianto quando l’ho lasciata cadere, lenta, fino al fondale. E non l’ho più raccolta. L’ho calpestata. Affondata. E poi data per persa. Senza motivo. Per sentirne la mancanza. Per dare un motivo al non perdonarmi. Ed ora invece soffoco, io, per raccogliere tutte le bambole del mondo dai fondali. E non mi sembra più stupido niente. Non mi sembra più stupido niente.

Ph. Neil Craver

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